Commemorazione del centenario della Prima Guerra
Mondiale
Tutta
Europa ha iniziato le commemorazioni per il Centenario della Prima Guerra
Mondiale già dal luglio scorso. Fu infatti nel luglio 1914 che l'Austria
Ungheria iniziò le ostilità, con il pretesto dell'assassinio dell'Arciduca
Francesco Ferdinando, nel giugno precedente, da parte dello studente serbo
Gavrilo Princip. In pochi mesi tutta Europa era in fiamme. La nostra Italia no,
nel '14 da noi si viveva ancora il riflusso di quel periodo di sviluppo, post
Belle Epoque, caratterizzato da forte crescita industriale, urbanesimo, crescita
demografica, forte alfabetizzazione e condizioni di vita migliori rispetto alla
fine del secolo precedente. Nel '14 era terminata anche la guerra coloniale in
Libia che il primo ministro Giolitti, anche nel benessere generale, non ci
aveva comunque risparmiato (anche se alcuni reparti, tra i quali alcune nostre
batterie, saranno ritirati solo nel '15 a guerra iniziata) ed in questo clima
tranquillo e privilegiato gli Italiani si godevano la loro neutralità. La
maggioranza parlamentare, socialista e cattolica, non era interventista,
contrariamente alle frange intellettuali ed a molti studenti. Una minoranza,
dunque, era favorevole all'intervento, ma molto rumorosa, inoltre, la questione
delle terre irredente fece da catalizzatore alla serie di mosse diplomatiche che
ci portarono il 24 Maggio del 1915 nella guerra, la Grande Guerra (allora non
c'era ancora bisogno di contarle), per noi l'ultima Risorgimentale, che ci
porterà Trento e Trieste e la vera e completa unità territoriale patria. Cosa
ancora più importante fu che questa tragica esperienza fu il primo vero banco
di prova dell'unità nazionale, dove le sofferenze vissute in trincea univano
Italiani dalle più varie provenienze geografiche e sociali.
Nel 1914
c'erano comunque molti Italiani già in guerra. Trentini, friulani, goriziani,
triestini ed istriani, ancora sudditi dell'Impero Austro ungarico, vennero
mobilitati già da luglio ed impiegati o in marina, i più fortunati, o, in
massima parte, nei Balcani (i monti “Scarpazi” della canzone) e contro i Russi
in Galizia (Polonia) dove vennero fatti prigionieri a migliaia a Settembre,
dopo lo sfondamento da parte dell'esercito dello Zar. Torneranno, alcuni solo
nel 1920, passando per Vladivostok e girando mezzo mondo, spesso senza sapere di
essere diventati Italiani.
Questa era
la situazione dell'Italia nell'anno precedente all'intervento, e gli Alpini?
Sempre sulle Alpi ad addestrarsi tra marce, muli, campi estivi ed invernali,
esercitazioni a fuoco e sugli sci; sempre in montagna, nel nostro ambiente di
elezione, dove compagnie e batterie si preparavano da più di trent'anni ad
operare e dove, nel giro di pochi mesi, il dovere verso la Patria li porterà nel
calderone più sanguinoso di tutto il XX secolo.
Noi di
Radio Scarpa ci uniremo al coro delle commemorazioni dedicando nei prossimi
numeri, un articolo per ogni uscita, direttamente collegato ai fatti cronologici
legati alle Truppe da montagna, avvenuti nelle stesse date 100 anni prima, ma,
dove riusciremo, sfruttando l'enorme lavoro svolto dal nostro Carlo Magistrali e
le sue invidiabili competenze, daremo un taglio tutto “nostro” al lavoro,
riportando i fatti storici dal punto di vista di quei Battaglioni e Compagnie
che videro tra le proprie fila i nostri nonni e bisnonni alpini piacentini.