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Gossolengo
Durante la Grande Guerra nella zona erano dislocate numerose strutture militari. Tra Gossolengo e Rivergaro vi era stanziato l'Ispettorato Reparti Speciali d'Istruzione che nell'aprile del 1918 contava una forza di 12000 uomini. Dopo che fu sciolto si costituì il Deposito speciale di Istruzioni con circa 2000 uomini e la sede del comando sempre in comune di Gossolengo. Era presente anche la Scuola di Perfezionamento per Tiro d'Artiglieria poi smantellata nel 1918. Erano inoltre presenti almeno fino al luglio 1918, con circa 3000 uomini, la Direzione Lanciafiamme e la Compagnia speciale X. Dopo la rotta di Caporetto nella zona furono accolti numerosi sbandati e prigionieri italiani considerati disertori perché non erano ritornati in tempo ai loro reparti dopo una licenza. Restarono nella zona fino al 15 agosto 1918 quando furono trasferiti al sud. Nel frattempo erano giunti nella zona anche alcuni prigionieri di guerra che restarono fino all'ottobre 1918. Il 5 novembre 1918 arrivarono invece gli ex prigionieri italiani che prima di poter tornare a casa furono ammassati in alcuni centri di raccolta per poter essere interrogati. Approfittando di una serie di strutture preesistenti si costituì proprio a Gossolengo uno di questi centri. Gli ex prigionieri in questi campi trovarono delle condizioni di vita difficilissime, con cibo insufficiente per tutti e mancanza di un posto da dormire, in quanto gli aiuti mandati erano insufficienti per i numerosi soldati presenti. Alcuni vagavano per le campagne in cerca di cibo. Le Memorie storiche di Gossolengo così ricordano: "La strada da Piacenza a Gossolengo sembrava una processione continua notte e giorno. Questi poveri uomini avevano un aspetto triste e macilento avevano fame, freddo, erano malvestiti e stracciati. Di militare chi aveva solo il berretto, chi la giubba, chi i soli calzoni, chi più nulla. Qui giunti non trovarono nulla per alloggiarli, né per ristorarli perciò si sparsero per il paese bussando alle porte chiedendo un po’ di pane polenta o qualche altra cosa da mangiare, ma come si poteva dare qualche cosa se anche i civili erano tutti tesserati, ossia era misurato a tutti il pane? Allora questi poveri affamati si sparsero nella campagna in cerca di qualche frutto. Li videro raccogliere patate crude o pomodori abbandonati dagli agricoltori e divorarli avidamente. Ogni giorno arrivavano nuovi prigionieri e tutti nelle stesse condizioni, dopo qualche giorno il governo mandò carri di pane e fortunati i primi che li poterono assalire e sfamarsi! Così ogni giorno un certo numero abbastanza rilevante restava a bocca asciutta per la quantità di pane insufficiente. In un giorno nel quale risposero all’appello 24.000 soldati non arrivavano che 20.000 razioni di pane. Successivamente il comando mandò paglia per coricarsi e tende sotto cui ripararsi dalle intemperie e dal freddo. Poi si costruirono baracche di legno sul greto del Trebbia ed arrivarono non solo pane ma carne, minestra, abiti, scarpe, coperte e tutto quanto era necessario. Allora Gossolengo sembrava uno di quei paesi occupati dall’esercito nella ritirata di Caporetto! Non c’era una famiglia, una casa, che non ospitasse soldati e ufficiali" Anche gli alti comandi si resero conto della situazione e tra il 20 novembre e il 7 dicembre il generale Ugo Sani fece alcuni sopralluoghi nei vari campi esigendo alcuni miglioramenti. Ispezionò il campo di Gossolengo il 23 novembre quando erano presenti più di 45000 persone sul greto del torrente giudicandolo igienicamente negletto. Sembrava un vero campo di prigionia con i carabinieri tutti attorno con i fucili con la baionetta innestata e con gli ufficiali appartati dalla truppa. Nonostante il freddo intenso dopo giorni non veniva ancora distribuito il rancio caldo e c'era una coperta ogni due soldati. Sani diede subito ordine che si cambiasse forma perché non si trattava di prigionieri pericolosi ma di soldati sui quali si doveva svolgere qualche indagine senza ledere la dignità di uomo e di soldato. Ordinò che da un accampamento si passasse alla costruzione di baraccamenti con l'uso eccezionale delle sole tende alpine e che gli ufficiali vivessero con la truppa. Una grossa problematica erano i mezzi di trasporto e di comunicazione, così Sani ordinò l'invio di almeno altri tre plotoni di telegrafisti e due autosezioni; inoltre chiese l'aumento della razione di pane da 400 a 600 grammi e sollecitò l'invio di 8 autovetture. Per velocizzare la fornitura dei viveri venne spostato a Piacenza il personale per un magazzino viveri, con l'arrivo poi della seconda e della quarta divisione di Cavalleria si aggiunsero quattro magazzini: a Gossolengo, Cadeo, Fiorenzuola d'Arda e Gragnano mentre il panificio di San Sisto (Piacenza) garantiva 3500 razioni giornaliere. Al centro di Gossolengo vennero fornite 23.000 serie di vestiario, comunque insufficiente. Si erano però costituite delle casse sussidiarie che fornivano i fondi occorrenti e cambiavano la valuta austriaca. Dal campo furono spedite circa 300.000 cartoline in franchigia anche se ne furono richieste due milioni. Alla data del 25 novembre il campo disponeva di 78 autocarri, uno per i telegrafisti e un'autobotte. Inoltre erano disponibili per il trasporto degli infermi 13 autoambulanze, 8 autovetture, 3 motocarrozzette, 4 motocicli, 10 biciclette e 100 carri. Il ricovero degli infermi era garantito negli ospedaletti da campo di Settima, Gragnanino e Pontenure oltre che nella rete ospedaliera già esistente. Il servizio igienico profilattico bonificava 1600 uomini al giorno mentre i vestiti abbandonati erano disinfestati dall'Ospedale militare di Piacenza. Nel campo c'era una squadra disinfettori con calce e disinfettanti, una stufa Gianolli e tre stufe botti. Al 29 novembre erano ancora presenti 47582 ex prigionieri di truppa e 943 ufficiali. Nonostante i miglioramenti i soldati erano debilitati dalla fame e più esposti alla spagnola e alle altre malattie, numerosi soldati vivevano ancora nelle tende Bucciantini e il numero di soldati che tornavano in licenza era sempre inferiore ai posti disponibili sulle tradotte a causa dei ritardi nella predisposizione dei documenti necessari. Solo a Natale il campo di Gossolengo andò via via sfollandosi e chiuse definitivamente il 15 gennaio 1919. L'ospedale da campo A Settima di Gossolengo era presente l'ospedale da campo da 100 letti N.152 poi trasferito in Francia e sostituito negli stessi locali dal n° 005. Montella F. - Prigionieri in Emilia - I centri di raccolta per ex prigionieri italiani di Mirandola, Castelfranco Emilia e Gossolengo (1918-1919)
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