A
Settembre, complice la crisi economica che ha strangolato la produttività della
mia azienda, sono riuscito a ritagliarmi una settimana di tempo che,
naturalmente a famiglia consenziente, ho deciso di impegnare in attività di
Protezione Civile nell’Abruzzo devastato dal terremoto. Franco, il Coordinatore
della nostra Protezione Civile sezionale, me lo aveva detto prima: ”Guarda che
un’esperienza simile ti farà bene”. Mai parole sono state più azzeccate. Dai
rapporti umani che ho avuto l’occasione di tessere con la sfortunata gente
d’Abruzzo, ho sicuramente ricevuto qualcosa che mi ha arricchito interiormente,
non fosse altro che la certezza che la solidarietà che abitualmente pratichiamo
dà un valore aggiunto alla nostra attività associativa. Retorica alpina a parte,
se così la vogliamo chiamare, non c’è come rendersi conto di quanto la natura
possa essere matrigna e accanirsi sull’uomo, che possa farci apprezzare le cose
realmente importanti della vita.
Già
al mio arrivo ho potuto rendermi conto di quanto i volontari abbiano lavorato e
bene laggiù, a Villa S. Angelo, dove la PC dell’Emilia Romagna tiene il proprio
campo di accoglienza. Già la prima notte monto di guardia, in supporto ai
Carabinieri in congedo (la sicurezza del campo non è un optional), non conosco
nessuno, ma in carraia mi rendo già conto che i paesani
che
abitano nelle tende considerano il campo una seconda Villa. Poi ci si renderà
conto che non si vorrà levare il campo una volta obsoleto, ma renderlo un centro
di aggregazione, tanto è diventato parte integrante della vita di paese. Le cose
funzionano bene, la PC ha organizzato bene i servizi e così anche di giorno c’è
poco da fare, nelle occupazioni routinarie di mantenimento inizio a conoscere i
compagni di avventura; nella tenda dormitorio della PC Alpina i volontari
vengono dalle sezioni di Parma e Bologna, la sera sembra di essere immersi in un
film con Don Camillo e subito dopo ai bagni estivi in Romagna. Con Franco posso
portare avanti un po’ di piacentinità nella babele di dialetti che s’incrociano
fra le brande. Sembra di essere tornati a naja, ed automaticamente, senza pensarci, rifaccio la branda
e tengo il posto ordinato come allora, me ne accorgo e guardo gli altri alpini,
la tenda è più ordinata della cella di un Gesuita e passerebbe la rivista di un
Ufficiale di servizio particolarmente inverso. Non solo, ancora una volta mi
accorgo che con gli Alpini si lavora a occhi chiusi, l’armonia va
un po’ registrata, ma, in nuce, c’è già a priori. Benedetta leva come ci hai
preparato al mondo ed alla vita!
Con
la gente d’Abruzzo i rapporti sono più variegati: si va dal cameratismo più
spassionato,all’acredine di chi ce l’ha con tutto il mondo, ma
abbiamo a che fare con gente il cui mondo è stato spazzato via una brutta notte
d’Aprile; una parola gentile e di comprensione non possiamo farla mancare a
nessuno.
Nel
campo c’è poco da fare, allora comincio a guardarmi attorno; nella disperazione
generale si notano energici segni di ripresa, si torna a lavorare, con la voglia
di ricostruire; i bimbi tornano a scuola con brutti ricordi da raccontare, ma,
con la loro grande caratteristica di potersi lasciare alle spalle anche i più grandi problemi,
li possiamo vedere scorrazzare felici tra le tende del campo.
Allungando un po’ più lo sguardo ci si accorge però che la macchina degli aiuti,
pur avendo funzionato particolarmente bene, ha dimenticato qualcuno. Appena
fuori dai centri colpiti duramente dalla sferzata del terremoto, giustamente
destinatari del massimo sforzo prodotto a livello nazionale, esiste tutta una
serie di centri, paesi, parrocchie con danni più o meno drastici e visibili, ma
comunque in grande difficoltà.
Uno
per tutti, S. Nicola Tornimparte, a Sud – Ovest dell’Aquila, un paesino
arroccato sull’Appennino che sembra essere uno dei nostri, con il suo campanile
che si vede da lontano e le casette abbarbicate alla spalla del monte. Lo
abbiamo visitato, infatti, con Franco, proprio perché la comunità ci aveva
chiesto aiuto, tramite il gruppo dei giovani del paese, e ci siamo trovati
subito a nostro agio,
come a casa; l’ospitalità lì certo non è un optional. Essi desidererebbero veder
ripartire la vita di paese, addirittura meglio di prima, con più occasioni di
aggregazione, di incontro e di
socializzazione. Aiutati da un parroco a dir poco energico, tanto per
cominciare, hanno intenzione di riattare asilo ed oratorio, e per far questo hanno avuto la buona idea di
chiedere aiuto agli Alpini. Potevamo forse negarglielo? Dopo una rapida visita
per renderci conto delle effettive necessità (dove ci siamo accorti che la gente
d’Abruzzo ha bisogno soprattutto di non
sentirsi sola ed abbandonata), abbiamo divulgato la richiesta negli ambienti
della PC in quel momento presenti a Villa S. Angelo, facendo così partire una
piccola catena di solidarietà che ha veramente colpito i ragazzi di Tornimparte.
Ora però si tratta di agire anche da parte nostra; personalmente ho già
partorito qualche idea, per le quali mi sono già procurato la copertura
finanziaria (era necessario dal momento che l’Associazione è già esposta con
l’eccezionale iniziativa di Fossa), ma, dal momento che nella zona di
Tornimparte ci sono due Gruppi Alpini, anch’essi
duramente colpiti dal terremoto, sarebbe bello poter far partire una piccola
collaborazione della Sezione o di qualche gruppo con gli omologhi abruzzesi che
sicuramente porterà a mantenere gli stessi rapporti ed amicizie che attualmente
coltiviamo ancora con i fradis friulani anch’essi colpiti più di 30 anni fa.
Anche per noi il terremoto potrà così essere occasione di crescita morale e
sociale.